“Non è mia intenzione turbarti, dunque a te decidere se continuare a leggere. Ti prego solo di non biasimarmi: di certo non scelgo io di sognare queste cose.”
Leggendo “Il castello di Lud” mi sono accorto quanto sia difficile al giorno d’oggi trovare un buon romanzo horror vecchio stampo. Gli autori ci sono, ma il genere si è evoluto, come in fondo è giusto che sia, e dunque è stata una sorpresa leggere quel tipo di storia dalle forti tinte gotiche, che riporta alla mente i racconti di Lovecraft, di Poe, o il Dracula di Stoker.
Ambientato in Inghilterra nel 1897 (che “casualmente” è l’anno in cui è stato pubblicato Dracula), Il castello di Lud racconta le vicende di Richard Bowman, tipico signorotto benestante, la cui vita viene improvvisamente sconvolta da un terribile incubo ricorrente che gli toglie il sonno. Tormentato dalla mancanza del riposo notturno, scopre che il luogo dove è ambientato parte dell’incubo, un castello, è un antico possedimento di famiglia in rovina. Incuriosito da ciò decide di raggiungere Lud, il paesino dove sorge il maniero, alla ricerca di risposte al suo problema. Nel frattempo intraprende una fitta corrispondenza col suo migliore amico, Randolph (e qui la citazione “lovecraftiana” diviene esplicita), tenendolo aggiornato su tutto ciò che scopre durante la sua permanenza nel paese. Quest’ultimo, che di professione fa il medico, viste le inquietanti rivelazioni contenute nelle lettere, decide di raggiungerlo, convinto che Richard stia precipitando nel baratro della follia.
Nonostante siano presenti diversi cliché della narrativa del genere, tra castelli infestati e maledizioni di famiglia, la narrazione, che alterna momenti in prima e terza persona, la cura per i dettagli e le diverse trovate originali, fanno sì che la storia non scada mai nel banale e mantenga sempre alta non solo la tensione, ma, soprattutto, il fascino. Ci sono misteri che vengono svelati un passo per volta, rivelazioni scioccanti e un continuo richiamo al soprannaturale. Tutti questi elementi sono amalgamati assieme lasciando sempre il dubbio sulla presunta pazzia del protagonista, che è una delle principali chiavi di lettura della storia. Infatti si hanno da un lato le opinioni di Randolph, che è seriamente preoccupato delle cose incredibili descritte nelle lettere dell’amico, dall’altro le percezioni di Richard, che assiste in prima persona a eventi sempre più assurdi e inquietanti, in un crescendo di tensione coaudivata da fatti terrificanti, soprattutto verso la fine della parte epistolare, che precede l’epilogo. Durante quest’ultima parte si assiste al confronto tra occulto e razionalità, che si snoda attraverso una serie di eventi che fanno da contraltare al finale, riuscito e sconvolgente. Non mancano infine i momenti di paura, tra apparizioni demoniache e luoghi che di certo non faciliteranno il sonno ai lettori più impressionabili.
Corredato da uno stile di scrittura che emula con successo la narrazione di stampo ottocentesco, Il castello di Lud è un libro assolutamente da leggere, consigliato agli amanti dell’horror, a chi ha apprezzato i racconti di Lovecraft e a tutti coloro che hanno voglia addentrarsi in una storia densa di mistero e di fascino, scritta con eleganza e ricca di colpi di scena.
Ivo Tiberio Ginevra